È davvero uno splendido esordio narrativo quello di Sonia Aggio che, con il suo Magnificat (Fazi, 2022) ci regala un bel romanzo sospeso tra la storia e il soprannaturale.
La storia è quella della devastante alluvione che nel 1951 colpì il Polesine. Più di 100 morti, 180.000 sfollati furono la conseguenza più immediata di un disastro che portò con sé carestia e disperazione. Le pagine di Magnificat sono una attenta ricostruzione della drammatica sequenza degli accadimenti che accompagnarono la strage. Una narrazione che immerge il lettore nell’orrore di un evento che la potenza del fiume e l’incapacità umana hanno trasformato nella più grande alluvione della storia del Po.
I rumori, i rumori sono la cosa peggiore. Navighi al buio o nella nebbia e senti le case che crollano e non sai dove, non sai se ci fosse qualcuno. Dappertutto, sentiamo i versi degli animali che annegano. E poi, in sottofondo, c’è questo vuuuu vuuuuuu continuo, l’acqua che corre da qualche parte … va a fare altro male.
Nilde e Norma
Ma la felicità narrativa di Sonia Aggio consiste nel trasformare la cronaca dell’alluvione nello scenario in cui si scatena la tensione esistenziale tra Nilde e Norma: due donne che sono l’una lo specchio dell’altra, unite da un legame simbiotico, fin da bambine. Entrambe sono orfane e vivono insieme come sorelle, in assoluta armonia, fino a quando Norma non inizia a comportarsi in modo strano. Fugge di notte, si allontana dalla sua casa all’avvicinarsi del temporale, reagisce con aggressività alle domande di Nilde. Sapremo quanto succede a Norma solo nella seconda parte del romanzo, quando sarà lei stessa a raccontare del suo incontro con la Signora del fiume, una presenza soprannaturale che l’ha prescelta per attuare i suoi oscuri disegni.
Nel rapporto tra i personaggi di Norma e Nilde, ritorna il tema del doppio, così caro alla grande letteratura. Norma si stacca dall’abbraccio ideale con Nilde attratta dal suo lato oscuro. Nonostante il suo nome la riporti alla regola e all’inflessibilità, lei scopre di appartenere al fiume e all’elemento irrazionale e dionisiaco che si muove nella natura. L’esito del conflitto non potrà che essere la morte.
Sacro e soprannaturale
Ad un certo punto, l’elemento soprannaturale prende il sopravvento nel romanzo. Per certi versi, si potrebbe dire che Magnificat abbia un risvolto fantasy. Dà da pensare quanto, negli ultimi anni, la scrittura italiana abbia cercato modelli anglosassoni quando già il racconto del magico è tipico delle nostre storie popolari. In Magnificat, così come nelle religiosità popolare, il soprannaturale profano cerca la contaminazione con il sacro religioso. Ed è così che la Signora del fiume si identifica con la Madonna della Vigna, la statua custodita nella chiesa del paese. Sono le voci delle anziane del luogo a prevedere la tragedia imminente, perché portare la statua in processione è un gesto sacrilego nei confronti della Vergine:
La Nerina me gà dito tuto. Don Mario el voe portar fora la Madona dea Vegna!… Bea roba, co tute ee disgrassie chea porta!
L’autrice ha dichiarato di aver riservato alle anziane l’uso del dialetto facendo di loro un “coro greco” che commenta gli eventi e l’avverarsi della temuta profezia. Le donne conoscono le forze ancestrali che si muovono attorno al fiume e con le quali condividono la medesima sorte di distruzione. L’alluvione, infatti, porterà via con sé la memoria, le tradizioni e anche la storia di questa fascia di terra. Dopo, ci sarà solo la ricostruzione.
Sonia Aggio
Nata a Rovigo nel 1995, è laureata in Storia e lavora come bibliotecaria. I suoi scritti sono stati segnalati più volte dalle giurie di premi importanti come il Premio Calvino e il Premio Campiello Giovani. Tra il 2018 e il 2020 ha collaborato con il lit-blog «Il Rifugio dell’Ircocervo» e, nel tempo, ha pubblicato diversi racconti su «Lahar Magazine», «L’Irrequieto», «Narrandom» e «Altri Animali». Magnificat è il suo primo romanzo.