Cose che si portano in viaggio di Aroa Moreno Durán, Guanda 2020. #Lettura consigliata.
Non perdetevi questo romanzo ma, vi avverto: si porterà via un po’ del vostro cuore e della vostra spensieratezza.
Eccovi la trama, in due parole: Katia è nata a Berlino, nel secondo dopoguerra. La sua famiglia è di orgine spagnola: il padre e la madre sono arrivati a Berlino inseguendo il sogno di uno Stato socialista libero e democratico.
La storia, come sappiamo, ha dimostrato la fragilità di quel sogno. C’è una specie di disorientamento nella famiglia di Katia, quello che prova chi fugge da una realtà, per scelta, e poi scopre che la parte più intima ed interiore di sé è rimasta in quella terra di origine, dove risiedono gli affetti di sempre. Katia cresce, vive nuove esperienze e coltiva la complicità con la sorella minore.
Ma un giorno conosce Johannes, un giovane uomo che vive all’altro lato del muro: è il 1971 e Katia abbandona tutto e scappa di nascosto, inseguendo una nuova vita con Johannes nella Berlino occidentale
Cosa porta nel suo viaggio? Il berretto russo della madre, una penna stilografica, il distintivo del partito socialista del padre.
Da un viaggio come il suo, però, non si torna più indietro; così come i suoi genitori hanno lasciato la loro storia passata alle spalle, Katia lascia il suo mondo al di là del muro, per tornarvi solo dopo la sua caduta.
L’autrice spiega di aver condotto una ricerca approfondita negli archivi della Stasi e di aver costruito la trama e i personaggi attraverso la testimonianza di due donne, figlie di esiliati spagnoli a Berlino: ma il romanzo non è soltanto una grande lezione di storia, è la dolorosa e appassionata constatazione di come gli oscuri disegni della politica possano devastare gli affetti e sconvolgere l’umanità.